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SABATO 15 MAGGIO 2021 | ORE 16.00 E ORE 17.30

OLTRAGGIO AL PUDORE

ad Amedeo Modigliani
di e con Antonello Cossia
produzione Altrosguardo

“Un uomo può vivere tranquillo per mesi e nessuno ci fa caso,
ma se un giorno, come capitava spesso a Modigliani,
scappa fuori ubriacandosi clamorosamente,
allora tutti se ne ricordano e lo raccontano”
Jeanne Modigliani – Modigliani mio padre

Tutto il divino scintillava in Modigliani solo attraverso una tenebra, era diverso da chiunque al mondo, era povero tanto che non si sapeva come facesse a vivere; come artista non aveva riconoscimento alcuno. Sembrava circondato da un compatto anello di solitudine…
Anna Achmatova

Queste parole estrapolate da un ritratto che la poetessa russa scrive ricordando il suo amico Amedeo Modigliani, incontrato nel 1910 a Parigi, rappresentano contemporaneamente la suggestione e la presentazione di questo progetto di spettacolo incentrato sulla figura dell’artista livornese nato nel luglio del 1884 e morto nel gennaio del 1920.
Un arco di vita breve, in cui questo uomo così sensibile e gentile ha fatto in tempo a stagliarsi nell’empireo degli artisti di tutti i tempi, sfidando la memoria e le apparenze che lo volevano semplicemente un bohémien travolto dai vizi e dagli eccessi.
Attraverso un dialogo narrativo diretto con gli spettatori, grazie ai versi dei poeti a lui molto cari, ai ritratti, al racconto che di lui fa sua figlia Jeanne Modigliani ed altri materiali narrativi e biografici, si tenterà di dare un corpo e un’anima a questo artista, che suo malgrado è divenuto leggenda misteriosa e disordinata, iscritta a pieno merito nell’eternità che la grande arte dona, spesso dopo la morte, a quegli uomini fortunati che spendono la propria vita e si immolano nel perseguire una grande passione, finendo il più delle volte da essa divorati. Un urlo, una beffa, una risata sorniona e impavida contro Dio. Un gesto educato seppur ribelle che segna comunqueuna sfida all’Onnipotenza. Una sorta di gioco proibito verso sé stessi, autodistruttivo e appassionato, in cui i limiti umani vengono abbattuti, l’uno dopo l’altro, senza che ci sia rimedio alcuno. Un gioco da teatro della crudeltà, in cui l’unico a pagarne le spese è il corpo dell’artista, che decide di sacrificarsi e immolarsi in una inarrestabile inquietudine che lo spinge alla continua ricerca della bellezza.

a seguire...

LA MISURA

progetto e regia Eduardo Di Pietro
drammaturgia Alberto Mele, Marco Montecatino
con Cecilia Lupoli, Marco Montecatino
disegno luci Andrea Iacopino
marionetta e scene Barbara Veloce
organizzazione Martina Di Leva
produzione Collettivo lunAzione

Nella primavera del 2018 i giornali raccontano di un uomo modenese che all’età di 82 anni si laurea in Filosofia: si tratta di Italo Spinelli, un appassionato e brillante meccanico in pensione. Dopo 52 anni di matrimonio, la moglie Angela è venuta a mancare e da allora Italo non ha più avuto pace: «ho cominciato a chiedermi: “La rivedrò?”, “Dove è finita?”. O ancora: “Ce l’abbiamo davvero un’anima?”». Angela manca troppo e Italo desidera trovare delle risposte.
Prende così a seguire i corsi online dell’Università di Macerata, addentrandosi timidamente tra le grandi idee dei filosofi sul trascendente. Il percorso accademico costituisce un pretesto anzitutto per addomesticare il dolore. Diviene ben presto un’opportunità per comprendere sé stesso e per misurarsi con gli interrogativi della finitezza umana.



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