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SIGMUND E CARLO

SIGMUND E CARLO

di Niko Mucci
con Roberto Cardone, Niko Mucci
musiche originali Luca Toller
scene e costumi Barbara Veloce
foto di scena Giuliano Longone
grafica Salvatore Fiore

assistente alla regia Marina Cavaliere
regia Niko Mucci

Viviamo una epoca che teorizza l'inadeguatezza delle ideologie del secolo scorso, senza averle sostituite con altre idee, più consone ai nostri tempi, che possano trasformarsi in ideali e quindi all'atto pratico in Ideologie appunto. Tale vuoto misura lo smarrimento che emerge soprattutto nelle nuove generazioni, chestentano a trovare motivazioni del loro agire, costruire, scegliere. A ciò si aggiunge un diffuso senso di deresponsabilizzazione, che ci porta a dare sempre ad altri la colpa dei mali della società, come se un Cittadino cosciente, potesse sentirsi sempre innocente quanto pronto ad attribuire ad altri le colpe e le insufficienze del sistema politico e sociale. Da queste analisi prende le mosse la volontà di mettere ora in scena un testo di autore sud americano della fine degli anni 70", mai rappresentato in Italia, cui si deve l'idea originale, motore della messa in scena: cosa accadrebbe se in un tempo al di fuori della realtà Marx e Freud sopravvissuti a se stessi ed al progressivo deteriorarsi delle loro idee ed analisi, si trovassero a disputarsi una panchina, come vecchi esibizionisti fuori un istituto superiore femminile e prendessero spunto da questa competizione per adombrare le proprie rispettive responsabilità filosofiche? la risposta in una messa in scena che fa del grottesco la propria cifra stilistica, del confronto fra Freud vittima delle stesse nevrosi oggetto dei suoi studi, e Marx, caciarone dai modi popolareschi e carnali, il filo conduttore per portare lo spettatore attraverso lo sviluppo della trama all'amara conclusione, rivelazione di un finale forse senza speranza.

Speravamo d'essere come Don Chisciotte e Sancho Pancia ed invece abbiamo finito con l'essere come il grasso e il magro, come Stanlio e Ollio principi della farsa ...." Da diversi anni aspettavo di mettere in scena questa trama raverso una radicale riscrittura che ne contestualizzasse i temi e li rendesse più vicini alla nostra storia nazionale, al nostro attuale sentire. Ritengo ora maturi i tempi, la mia età la mia esperienza e sento di avere come intellettuale, in senso Gramsciano, e come teatrante il dovere morale di porre questi dubbi attraverso la mia messa in scena, perché il teatro pone interrogativi e non dà certo risposte, mentre lo spettatore posto di fronte ad uno spettacolo brillante e molto divertente può affrontare certe questioni in modo più disponibile, anche se non meno impegnativo. la dimensione surreale, la bizzarria verbale, peraltro presa spesso di sana pianta da celebri affermazioni scritte dei nostri ormai "antieroi" fa ridere o commuove in una progressiva empatia col pubblico , più volte chiamato in causa, in modo più meno velato. Infine durante le prove un terzo elemento di guida si è aggiunto al crollo delle ideologie ed al tema della responsabilità collettiva: ho cominciato a darmi dall'interno un'altra lettura dello spettacolo che in fondo parla anche molto del lavoro degli attori, pronti a travestirsi al minimo accenno di pericolo, ma ostinati e caparbi nel testimoniare la loro precisa volontà di svegliare un pubblico ormai assopito, anestetizzato e narcolessato sino ad un gesto estremo di coinvolgimento.

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