da Plauto - libero adattamento e ambientazione di Lello Serao
con Maria Basile, Agostino Chiummariello, Biagio Musella, Raffaele Parisi, Manuela Tondini
assistente alla regia Michele Amerise
costumi e scene Melissa de Vincenzo e Sofia Germino
grafica e proiezioni video Salvatore Fiore
musiche Luca Toller e Nico Mucci
regia Lello Serao
produzione Teatri Associati di Napoli
Tragicommedia andata in scena all’incirca nel 206 a.C. L'opera trae il titolo da uno dei protagonisti, il comandante dell'esercito tebano Anfitrione. Plauto definisce quest’opera, nel prologo, una Tragicommedia perché in essa coesistono sia gli umani che le divinità, entrambi i soggetti partecipano alla resa comica degli equivoci che si determineranno nel corso degli eventi. Mercurio nei panni di Sosia sta sorvegliando la casa di Anfitrione, intanto Giove, nei panni di Anfitrione, consuma il suo amore per Alcmena, anche la notte viene allungata per permettere al dio di giacere di più con la donna. Intanto Anfitrione è appena sbarcato dopo la vittoriosa spedizione contro i barbari, Sosia sta correndo a raccontare ad Alcmena del comportamento valoroso del suo padrone. Sosia giunge davanti al palazzo di Anfitrione, ma Mercurio, fingendosi Sosia, minaccioso gli impedisce di entrare, i due passano da elaborate minacce alle mani e il dio prevale nettamente sulla codardia del servo. Da questo momento tutto lo svolgersi della commedia si articolerà su un sistema di equivoci determinati dalla coesistenza di due doppi Anfitrione /Giove e Mercurio/Sosia. Alcmena è l’elemento del contendere, ella rimane confusa e indispettita dall’atteggiamento di Anfitrione che una volta tornato a casa, all’oscuro del precedente arrivo di Giove vestito delle sue spoglie, accusa la moglie di adulterio e l’equivoco si ingarbuglia fino all’inverosimile creando continue situazioni di malintesi e di scontri che generano come sempre elementi di comicità. Il pubblico è già informato di tutto perché Mercurio nel suo prologo ha già spiegato cosa sta per accadere e quindi il pubblico sembra essere un altro personaggio che viene chiamato in causa a determinare simpatie per l’uno o per l’altro dei personaggi.
In questa struttura aperta troviamo una straordinaria modernità , nessuna illusione dovrà essere creata per sbalordire lo spettatore, tutto è dichiarato e ci si può divertire ai danni dei malcapitati perché è questo il gioco a cui si deve prendere parte. Elemento strutturale che contribuisce a questo gioco è il ritmo, la capacità di protrarre le situazioni fino ad un certo limite senza strafare. La battuta arriva precisa, il dialogo scorre veloce, il primo attore e la sua spalla si coordinano sempre in modo puntuale scambiandosi la parte trainante e l’azione è continuamente segnata da entrate e uscite che aumentano il ritmo scenico.
Plauto, sebbene denigrato, come spesso accade per gli autori che si occupano del comico, è un autore determinante nella storia del teatro perché segna una continuità tra la commedia classica e la commedia nuova, attingendo a piene mani non solo dai classici greci ma anche da quelle forme di teatro autoctono che persistono nell’Italia meridionale, dalle Atellane commedie nelle quali la maschera del Maccus è protagonista, alle tracce di teatro che troviamo tra il Lazio e l’Etruria e che viene riassunto nel termine “ Fescennino”, vero e proprio teatro all’improvvisa messo a bando perché troppo licenzioso e carico spesso di attacchi alle autorità, elemento questo presente sotto traccia anche in Plauto.
Sarà lo stesso Plauto a definire il termine della sua scrittura usando il verbo “volvere” ovvero trasformare, egli trasforma materia preesistente ridandole forma nuova e capacità attrattive verso il nuovo pubblico.
Alla fine come è giusto che accada nelle commedie tutto si risolve e Giove dichiarando ad Anfitrione l’inganno lo mette al corrente che Alcmena non ha alcuna colpa di quanto accaduto e che uno dei gemelli che è nato ha natura divina e che il nome di Anfitrione sarà ricordato in eterno perché padre di una divinità. Quello che nascerà da questo incontro sarà Ercole noto per la sua forza e per le fatiche che dovrà sostenere.
Per quanto Plauto sia alieno dall’introdurre una morale nelle sue commedie, mi sento di affermare che per questa potrebbe essere: mariti, state attenti, non state troppo lontano dalle vostre mogli perché al vostro ritorno a casa, potreste ricevere inopinatamente la bella sorpresa di scoprire di essere padre di un… Ercole!
Altro elemento che favorirà il perdurare di quest’opera è dato dal significato che assumeranno i nomi dei due protagonisti, Anfitrione diventerà per antonomasia colui che accoglie l’ospite nella sua casa e Sosia il doppio di se stesso.
Nella nostra messa in scena abbiamo voluto aumentare la comicità del linguaggio usando il napoletano come lingua di riferimento per gli umani e questo non tradisce affatto l’opera ma ne avvalora il senso e il significato, abbiamo a nostra volta trasformato, come Plauto suggerisce, la lingua per meglio cogliere il senso dell’opera e la sua forza . Lo spettacolo si nutre di forme di teatro anche a noi più prossime come il Varietà in cui le situazioni sono amplificate da motivetti orecchiabili e da canzonette allusive.